Il viaggio di trasferimento verso Bukhara è stato un momento per raccogliere idee e considerazioni, osservando quello che passava davanti ai miei occhi. Saluto a malincuore l’incantevole Khiva chiedendomi se le prossime città storiche uzbeke avrebbero poi potuto emozionarmi in tal modo, se sarebbero state in grado di darmi più di così … La distanza tra le due città è di 450 km circa, ma occorrono quasi otto ore di tempo di percorrenza perchè, almeno nell’agosto del 2022, stavano provvedendo al rifacimento del manto stradale dell’autostrada. L’asfalto steso precedentemente non si era rivelato adatto alle grandi escursioni termiche uzbeke, troppo calda l’estate nel deserto del Kyzylkum (che può superare i 40 gradi) e troppo rigidi gli inverni: il manto stradale ha ceduto, disintegrandosi in mille buche. Ora sono partiti i lavori di sostituzione con la posa di uno strato di cemento reso più flessibile dai giunti dilatatori. Questa foto per rendere l’idea di come si presentava l’autostrada durante il mio viaggio:
La lentezza del viaggio però mi ha permesso di osservare il paesaggio e la vita in quel territorio. Sicuramente più ci si allontana dai luoghi turistici più si respira l’aria autentica della cultura, dei modi di vivere e delle abitudini di quel paese. Khiva sorge ai margini di una verde valle formata dal fiume Amu Darya, uno dei due fiumi che attraversano l’Uzbekistan. E’ la zona più fertile del paese, ampliata artificialmente dal regime sovietico con canali di irrigazione per aumentare la produzione del cotone, che è diventata la maggior fonte di reddito del paese. Si trovano anche molte coltivazioni di frutta (abbiamo apprezzato il melone tipico della zona di Khiva) e verdura, nonchè allevamenti. Purtroppo questa canalizzazione delle acque, che naturalmente sarebbero confluite nel Lago Aral, ne ha causato l’inaridimento e la quasi totale scomparsa, pensate che dagli anni 60 la sua estensione è calata del 75%!. Il LAGO ARAL era il quarto lago più grande al mondo ora rimane una distesa di terra arida, bianca del sale che si è depositato, senza vita… solo relitti di pescherecci arenati e arrugginiti a ricordo della grande pescosità di questo lago salato. Recentemente il governo dell’Uzbekistan, insieme ai paesi confinanti che condividono il corso dei fiumi Amu Darya e Syr Darya, hanno intrapreso azioni per migliorare la situazione costruendo dighe e regolando la quantità di acque utilizzate nei campi. Solo il tempo ci darà la risposta.
Attraversando le periferie delle città e poi le campagne si incontrano case piccole ma dignitose, una vita rurale vissuta nella semplicità delle cose essenziali. Pile di cocomeri accatastati in vendita agli incroci, carretti attaccati ai muli per trasportare merci e bambini, frutteti all’ombra dei quali riposa il bestiame, strade di sabbia e minivan che fungono da taxi… gente serena e aperta agli altri, persone dai buoni principi: non mi sono mai sentita in pericolo qui. Il tempo passa, i pensieri scorrono nella mia mente e arriviamo ad attraversare il fiume AMU DARYA.
Poi comincia il Deserto delle sabbie rosse, questo significa il nome Kyzylkum, ma non vi aspettate le sabbie del Sahara! Il DESERTO DEL KYZYLKUM è un vastissimo deserto stepposo che sconfina anche nel Turkmenistan e nel Kazakistan, con rosse formazioni rocciose e piccole dune di sabbia. E’ ricco di giacimenti minerari da cui si estrae oro, uranio, alluminio, rame, argento, petrolio e gas naturali.
E’ un deserto vivo, abitato da gazzelle, marmotte, volpi, lupi e lepri che si nutrono degli arbusti che riescono a vivere tra le sabbie. Forse bisognerebbe addentrarsi maggiormente per apprezzarne in pieno il paesaggio, ma ci accontentiamo di fermarci in un punto di ristoro dove, a scopo dimostrativo, sono montate delle YURTE, le tipiche tende delle popolazioni nomadi dell’Asia Centrale, accanto ad un gruppo di statue che ricordano l’importanza di essere terre lungo le strade carovaniere. Le yurte sono abitazioni smontabili composte da una struttura di legno circolare ricoperta con un tappeto di feltro a più strati. Resa impermeabile con uno strato di grasso di pecora all’esterno, la yurta riesce a mantenere il calore all’interno e a riparare dai forti venti del deserto.
Dopo chilometri percorsi circondati dal deserto è il momento di consumare il nostro pranzo al sacco, fornito dall’albergo a Khiva. Ci fermiamo in un luogo che più che un’autogrill sembra un’oasi nel deserto: una modesta costruzione da cui arriva un invitante profumo di carne alla brace, e un nauseante odore proveniente dalla toilette. Gli odori rievocano i ricordi! Accanto al braciere al posto dei tavoli troviamo i tradizionali TAPCHAN: una struttura rettangolare rialzata in ferro o legno, della grandezza di un letto matrimoniale per intenderci, con al centro un tavolino per mangiare. La base è ricoperta da tappeti e cuscini in modo da potervi sedere con le gambe incrociate. Li puoi trovare anche nelle città abbelliti da tendaggi colorati per ripararsi dal sole cocente dell’estate. Ma qui per la prima volta ci siamo sentiti parte del popolo uzbeko: seduti sui nostri cuscini accanto a donne sorridenti dai lunghi abiti sgargianti e dalle sopracciglia folte e a vecchi magri con la barba e il tipico zucchetto in testa, (la Tubeteika), c’è una tale accoglienza e famigliarità da sembrare amici da sempre! Poi osservi il loro sorriso luminoso e ti accorgi che hanno una particolarità in comune: i denti d’oro!!! Dei bellissimi sorrisi scintillanti!!! Sembra che fosse un’usanza per le vecchie generazioni ostentare i denti d’oro per dimostrare di essere abbastanza agiati da permettersi le cure dei denti. Al contrario, per le nuove generazioni, significa non potersi permettere le cure più innovative! I tempi cambiano il modo di vedere le cose!! Dopo aver scambiato qualche stentata parola e un paio di fotografie riprendiamo il nostro viaggio.
Ancora qualche ora di viaggio e cominciamo ad avvicinarsi a Bukhara, te ne accorgi dal territorio che cambia: aumentano le abitazioni, il traffico, la vegetazione, l’intersezione di strade…. ma come ogni cosa bella che si fa attendere, prima di entrare nel centro della città ci fermiamo a visitare quella che era la residenza estiva degli emiri dai primi dell’800: è il Complesso Reale SITORAI-MOKHI-KHOSA, che significa letteralmente il Paradiso tra la stella e la mezza luna, questi simboli ci accolgono sopra lo sgargiante portale di ingresso (il pishtaq) e già si intuisce lo sfarzo di cui si circondava l’emiro.
Questo complesso è particolare in quanto combina l’architettura uzbeka a quella rinascimentale europea attraverso l’influenza che hanno esercitato i palazzi di San Pietroburgo. Una sorta di eclettismo per l’Asia Centrale. Percorrendo un corridoio all’interno di un verde parco, si arriva a una corte con la fontana marmorea nel mezzo, un raffinato talar turchese decorato con stelle e sorretto da esili colonne. A fianco notiamo il Palazzo vecchio con la facciata bianca decorata da stucchi floreali in rilievo e un terzo lato con un giardino d’inverno racchiuso da alte finestre.
Se già l’impatto visivo di questo palazzo è stupefacente, quello che incanta sono gli interni: pareti affrescate, nicchie, specchi, boiserie e oggetti preziosi provenienti da tutto il mondo! Uno sfarzo incredibile che troviamo nella bianca sala dei ricevimenti, nella sala da té e da gioco e nella sala degli scacchi.
Un po’ appartato nel verde del giardino troviamo il Palazzo Nuovo, costruito a bordo di una grande vasca. Nelle logge si trovavano le stanze dell’Harem. Si dice che l’emiro, seduto nella torretta di fronte, volesse vedere le concubine fare il bagno per poter scegliere la preferita.
Lasciato il Palazzo dell’emiro, prima di arrivare al nostro hotel, ci fermiamo a visitare una madrasa, appena fuori dal centro storico: il CHOR MINOR. E’ un piccolo scrigno prezioso, di un’eleganza unica, insolito per lo stile uzbeko: realizzato all’inizio dell’800 da un ricco commerciante, sembra infatti che sia stato edificato su modello di una moschea indiana del XVI secolo visitata durante i suoi viaggi. E’ una struttura cubica contenente una sala da lettura affiancata da quattro minareti con funzione solo decorativa disposti negli angoli. Il contrasto tra il color sabbia dell’edificio e il turchese delle cupole dei minareti, la proporzione e l’eleganza, fanno di questa madrasa, pur nella sua semplicità, uno degli edifici che più mi ha emozionato!
E finalmente entriamo in Bukhara, la Nobile.
CONCLUSIONE: Quando viaggio, non giudico ma cerco di capire, non mi chiudo nelle mie convinzioni ma mi apro all’altro, non mi credo assolutamente migliore anzi apprezzo le diversità come un’occasione per migliorare….. insomma, come diceva Luis Sepulveda: